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Fai bei sogni - Recensione

19/11/2016 | Recensioni |
Fai bei sogni - Recensione

Il maestro Marco Bellocchio ritorna al cinema con una storia intima, un film tratto dall'omonimo romanzo autobiografico del giornalista de La Stampa, Massimo Gramellini che riflette sulla sua vita e soprattutto sul rapporto con una madre che lo amava e lo faceva divertire, ma che nella sua spensieratezza nascondeva un male più cupo.

La mattina del 31 dicembre 1969 infatti, Massimo (Valerio Mastrandrea), nove anni appena, trova suo padre nel corridoio sorretto da due uomini: sua madre se n'è andata. Massimo cresce e diventa un giornalista freelance. Dopo il rientro dalla Guerra in Bosnia dove era stato inviato dal suo giornale, incontra Elisa (Bérénice Bejo), una dottoressa. La vicinanza della ragazza lo aiuterà ad affrontare la verità sulla sua infanzia. 

Una verità taciuta, una vita a rincorrere il futuro con i piedi ancora piantati nel passato e una profonda commozione ed ammirazione per una donna, che sentiva essere l'unica in grado di capirlo. Massimo è diventato uomo, ha 43 anni, ma ritornando nella casa in cui visse da piccolo, riaffiorano in lui i ricordi e con loro anche i vecchi sentimenti, ma soprattutto la voglia di capire.

Non è più un bambino, anche se alcuni atteggiamenti e il bisogno di un sostegno direbbero il contrario, è un uomo sensibile, così come lo era fin da ragazzino. Ed è proprio attraverso l'infanzia, l'adolescenza e l'età adulta, che si sviluppa la narrazione, in un andare e rivenire, tra flashback ed attualità (dal 1969 al 1999).

Il puzzle pian piano si costruisce, si mescolano i pezzi e gli eventi, collegati tra loro dalla figura femminile di una madre a cui Massimo non ha mai potuto dire addio, ma e alla fine il tema della perdita a farla da padrone: tutti i personaggi ne sono assogettati e provano dolore, non solo legato alla morte, ma anche all'anaffetività.

In Fai bei sogni si respirano rabbia, amarezza e disillusione, insieme alla malinconia e alla compassione, che lo spettatore prova nei confronti del protagonista. Impossibile infatti non entrare in empatia con Massimo, non commuoversi ed intenerirsi di fronte alla sua ricerca disperata della verità e ai suoi attacchi di panico al pensiero della madre e alla sua incapacità di amare un'altra donna (finché non compare Elisa).

Belfagor è l'unico in grado di proteggerlo dal resto del mondo, un amico di finzione più reale di tanti altri (l'anima gotica del film), che lo accompagnerà in tutte le fasi della sua vita. Una biografia quella di Massimo, raccontata e ritratta da Bellocchio con estrema delicatezza, riuscendo ad unire il proprio stile con quello di Gramellini e dando vita ad una pellicola che rivive l'Italia degli anni passati, con lo stesso sguardo di Massimo: ricca di malinconia, disperazione e ricordi cementati, che rimarranno lì per sempre.

Alice Bianco

 


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